STORIA DEI VENETI /1 - Dalla Preistoria alla "X Regio" dell'Impero Romano
Quali sono le origini dei Veneti, come hanno conquistato la loro "terra promessa", come è avvenuto il processo di civilizzazione.

Dalla Preistoria alla “X Regio” nell’ambito dell’Impero Romano
Con il nome di Veneti– dalla radice indoeuropea wen ("amare"), perciò i "Veneti" (wenetoi) sarebbero pertanto gli "amati", o forse gli "amabili", gli "amichevoli" -si indicano le popolazioni indoeuropee diverse dalle italiche e dalle celtiche, stabilite nella pianura veneta o nelle zone collinari prospicienti e ivi rimaste fino al momento dell’associazione pacifica dei territori veneti alla crescente potenza romana.
Le notizie degli antichi sono concordi nel ritenere i Veneti per immigrati. Secondo Erodoto si ritenevano essi stessi provenienti dall’Asia ed egli li definisce come Illiri. Secondo Tito Livio loro capo sarebbe stato Antenore, di cui a Padova è conservato ancor oggi l’antico sepolcronon distante dal Palazzo del Bo (anche se l’esame sui resti contenuti nell’arca hanno rivelato che si trattava in realtà della sepoltura di un soldato longobardo; probabilmente in epoca remota si volle far coincidere artificialmente la realtà materiale con la testimonianza storica di Tito Livio). Nella Venetia, la terra che da loro prese il nome,si sarebbero sostituiti agli antichi Euganei, in gran parte scacciati e in parte minore assimilati, sebbeneanche dei cosiddetti Euganei non abbiamo notizie certe e non ci sono prove di una civiltà con questo nome antecedente all’arrivo dei Veneti. Per questo si usa anche il termine Paleoveneti per designare l’umanità che visse sulle terre della Venetia prima della comparsa della scrittura, cioè nella Preistoria, giacché dall’inizio della Storia sappiamo che già i Veneti avevano occupato e abitavano la loro terra attuale; terra che in natura era originariamente assai inospitale per la presenza di molti fiumi non ancora arginati che straripavano quasi ogni anno, di foreste, di aspre montagne, di paludi e di acquitrini. Questo la rendeva quasi disabitata rispetto agli altri territori posti a sud della corona alpina, tutti di antichissima antropizzazione, ma la rese disponibile per l’alacre lavoro di bonifica, deforestazione, messa in sicurezza e coltivazione da parte di un popolo laborioso e ingegnoso come i Veneti che vi si stabilirono come in una sorta di Terra Promessa, dopo aver peregrinato attraverso la Penisola Balcanica.
Secondo Plinio il Vecchio erano dediti al commercio, fra l’altro quello dell’ambra. Secondo Scimno essi avevano 50 città e, di queste, conosciamo Patavium(Padova), Altinum (Altino), Adria, Ateste(Este), Tarvisium (Treviso), Vicetia(Vicenza), Opitergium(Oderzo), Feltria (Feltre) e Bellunum(Belluno). I confini dei Veneti propriamente detti – senza i Carni di origine celtica – erano il fiume Adige, le Prealpi venete e carniche, il mare e il corso del fiume Liquentia (Livenza).
Secondo Polibio la loro lingua era diversa da quella dei Celti. La lingua venetica (o paleoveneto) apparteneva al gruppo indoeuropeo e aveva particolari affinità con l’italico e il germanico. La cultura dei Veneti, di cui la civiltà atestina costituisce l’espressione più nota, trae origine da una facieslocale di tipo protovillanoviano e si sviluppa a partire dagli inizi dell’età del Ferro sino all’epoca della conquista romana. Elemento peculiare è la predominanza del rituale funerario dell’incinerazione. La cultura materiale si rivela aperta ad apporti e contatti, da un lato, con culture dell’area subalpina e padana (da quella di Golasecca a quella villanoviana e poi etrusca); dall’altro, con l’ambiente adriatico (Piceni, Greci) e centro-europeo (civiltà di Halstatt). Dai dati archeologici emerge l’immagine di una società evoluta e articolata, con un’economia fondata sull’agricoltura, sull’allevamento (celebre quello dei cavalli), sui commerci (per es., quello dell’ambra). I sepolcreti dei secoli 9° e 8° a.C. (Este e Padova) restituiscono corredi sobri che, oltre al cinerario (in genere un’olla o un vaso biconico), comprendono pochi oggetti metallici. I corredi del 7° secolo, più ricchi, mostrano una più diffusa distribuzione della ricchezza e una notevole capacità acquisitiva di beni di lusso da parte delle aristocrazie locali. Nella seconda metà del 7° secolo prende avvio, per influsso di maestranze etrusche, la più caratteristica manifestazione artistica della civiltà dei Veneti, la cosiddetta arte delle situle: una produzione di vasi e coperchi in lamina di bronzo con decorazione figurata eseguita a sbalzo, che raggiunge i suoi migliori risultati attorno al 600 a.C. Nella prima metà del 6° secolo ha inizio un’altra tipica produzione artigianale: quella della ceramica dipinta decorata a fasce rosse e nere. Nel 6° secolo il processo di evoluzione sociale giunge a esiti significativi: l’affermazione delle prime forme di urbanizzazione (Este, Padova); l’emergere dei luoghi di culto (tra i principali, quello dedicato a Reitia a Este e quello di Lagole, attivi sino al 3°- 4° secolo d.C.); la comparsa della scrittura, che ha nel santuario di Reitia un centro di insegnamento e diffusione; l’instaurarsi, attraverso Adria, di stabili rapporti commerciali con il mondo greco. Tra il 5° e il 1° secolo a.C. a Padova sono attive botteghe dedite alla produzione di stele funerarie in pietra con decorazione scolpita a bassorilievo. Nel 4° e 3° secolo i Veneti strinsero rapporti più solidi con i Celti che avevano già iniziato a infiltrarsi nel loro territorio e a influenzarli con la loro cultura.
Nel frattempo, i Veneti avevano mantenuto ottimi rapporti con i Latini che li consideravano fratelli di sangue per la comune ascendenza; in realtà, la storiografia recente individua nel comune percorso dal Centro Europa verso sud la sicura comune ascendenza tra Veneti e Latini, collocabile in epoca Preistorica attorno al 15° secolo avanti Cristo, relegando al mito fondativo l’origine troiana ed ellenica, ma è un fatto accertato che i due popoli sapessero di avere la stessa origine.Già ai tempi dell’invasione gallica di Brenno (390 a.C.) i Veneti soccorsero i Romani e l’alleanza reciproca durò per tutta l’antichità. Con la battaglia di Talamone (225 a.C.) i Romani ebbero per la prima volta la strada aperta verso la Gallia Cisalpina (attuali territori di Lombardia, Piemonte ed Emilia), dove stabilirono colonie in territorio gallico a Piacenza e Cremona. Dopo la seconda guerra punica, poco dopo Bononia(Bologna 189 a.C.), Parma e Mutina (Modena 185 a.C.), fondarono una colonia al di là del territorio veneto ad Aquileia (183-181 a.C.). I rapporti tra Romani e Veneti presumibilmente furono improntati sul principio istituzionale dell’amicitia,a differenza delle altre popolazioni con cui i Romani si rapportavano sulla base del foedus (patto), e furono sempre ottimi e leali. Più volte i Romani presero le difese dei Veneti dagli assalti dei Galli, ricevendone il contraccambio quando essi stessi furono attaccati e invasi. Dopo la guerra sociale, le città venete furono trattate secondo la lex pompeia de Gallia Citeriore (89 a.C.) che le assimilava a colonie di diritto latino, tuttavia senza l’applicazione del principio di deduzione, ovvero senza l’imposizione di una classe dirigente proveniente dall’esterno proprio per il carattere particolare delle relazioni fra i due popoli; le prime città a godere di questo status furono Ateste, Pataviume Vicetia. Con l’ordinamento augusteo i Veneti furono staccati dalla Gallia Cisalpina per costituire, a partire dal 7 d.C., la X Regio Venetia et Histria comprendente anche il territorio dei Carni e degli Histri, prima definizione storica ufficiale dei confini geopolitici della patria veneta. È interessante notare che ancora oggi, dopo oltre 20 secoli, il confine fra dialetti veneti, dialetti ladini moderni e dialetti slavi, corrisponde assai bene al confine dei veneti antichi, così delimitato in epoca romana.