MASSONERIA /10 - SAPERI ARCANI: l'Alchimia
Dopo aver visto Storia, diffusione, lessico di base, struttura e basi del pensiero massonico, ora iniziamo a penetrare nei "saperi massonici" per dare una prima infarinatura e il corretto indirizzo a chi vorrà in seguito approfondire da solo con testi specifici

Ora è giunto il momento di addentrarci in quell’insieme di materie e conoscenze arcane che costituiscono lo specifico della conoscenza esoterica massonica. La trattazione che ne faremo sarà, come tutto il percorso che stiamo seguendo, di livello base per profani dell’argomento. Ogni singola voce di quelle che tratteremo verrà descritta per le sue caratteristiche essenziali e generiche, poiché per ciascuna si potrebbero scrivere molti libri da diversi punti di vista. Noi ci concentreremo, uno alla volta, sui principali “saperi massonici” definendone l’origine storica, la trasposizione allegorica e simbolica nel contesto iniziatico massonico, i significati principali che in tale ambito vengono attribuiti. Nell’ordine ci occuperemo di: Alchimia, Ermetismo, Cabala, Gnosi, Egittologia e, in un paragrafo unico, di Magia, Astrologia e alcuni altri saperi che potremmo definire “paramassonici”, a cui daremo uno spazio poco più che didascalico per non riempire il lettore nuovo della materia di nozioni che a questo livello di approfondimento sono superflue.
Alchimia
Per l’alchimia va fatto un breve discorso introduttivo, di carattere storico, che vale per tutti i saperi massonici: si tratta di materie che andavano di gran moda nel periodo di incubazione della Massoneria moderna, ovvero tra il tardo Medioevo e prima dell’introduzione del metodo scientifico tramite Galileo e Newton. Con l’avvento della scienza moderna, molte materie considerate prima come punti di riferimento della cultura sono finite idealmente in soffitta, salvo venire tenute in vita per i loro significati allegorici. Così accadde per l’astrologia che prima delle scoperte di Galileo e Copernico era considerata alla stregua di una scienza, al punto che ogni re aveva un astrologo di corte; e così, come per molte altre credenze che furono derubricate a superstizioni, fu anche per l’alchimia.
Ma cos’è l’alchimia? Essa ebbe origine in Egitto in età ellenistica e registrò sviluppi significativi anche in Oriente nella cultura indiana e in quella cinese. Dal mondo culturale greco l'alchimia passò, nel Medioevo, a quello islamico, e di lì a quello latino dell'Occidente. Nel corso del Rinascimento l'alchimia conobbe due significative mutazioni: divenne da una parte una colonna portante della nuova medicina e dall'altra accentuò il proprio carattere spirituale. L'alchimia è generalmente definita come arte o scienza della trasformazione o trasmutazione delle cose. Questa definizione è soddisfacente ma non è del tutto esatta perché, a partire dal tardo Medioevo, i testi di alchimia contengono una gamma molto ampia di temi e argomenti. Negli scritti alchemici più completi si possono individuare tre attività differenti ma collegate tra loro: la ricerca della pietra filosofale (lapis philosophorum), che si riteneva capace di trasformare i metalli vili (per esempio ferro, rame, piombo, stagno) in metalli nobili, cioè argento e oro (la trasmutazione); la preparazione di un elisir di lunga vita o della panacea (il mitico medicamento per tutti i mali); la purificazione e la maturazione spirituale dell'operatore alchimista. Questa crescita materiale e spirituale era illustrata attraverso simboli e immagini di difficile comprensione, accessibili quasi solo tramite un percorso di iniziazione di tipo esoterico. L'alchimista non si limitava alla trasmutazione dei metalli in oro o a una esclusiva ricerca a carattere spirituale e mistico: al contrario, questi due aspetti erano strettamente connessi l'uno all'altro. L'alchimia era una sperimentazione pratica di laboratorio e rappresentava una concezione del mondo, dell'uomo e della natura. La sua attività aveva a che fare con l'idea di tempo, che era a sua volta legata a quella di perfezionamento. L'alchimista concentrò la propria attenzione sui tempi della natura: riteneva che tutte le cose, compresi i metalli e i minerali, nascessero, crescessero e maturassero nelle viscere della terra impiegando tempi diversi e assai lunghi. Intendeva collaborare con la natura, agire sulla materia in modo da modificare, accelerare i tempi impiegati dalla natura stessa. Secondo lui la realtà presentava sì una molteplicità apparente di cose diverse ma era essenzialmente una, era un'unità (secondo il principio alchemico "il tutto è uno"): in quanto operatore, l'alchimista con il suo sapere era in grado di accelerare il processo di perfezionamento del creato.
Si può dunque individuare nell'alchimia un'arte capace di sottrarre parti del mondo materiale alla tirannia del tempo e di realizzare la perfezione dei metalli ‒ che è l'oro ‒ e quella dell'uomo ‒ che è la sua longevità ‒, ed eventualmente l'immortalità o redenzione completa. La perfezione della materia sembrava possibile grazie all'impiego della pietra filosofale per i metalli e dell'elisir di lunga vita per gli uomini, mentre la crescita spirituale era legata a un'esperienza mistica e d'illuminazione interiore.
Tutto ciò decadde con l’avvento della chimica moderna, a partire dal XVIII secolo, ma dal punto di vista metaforico e allegorico si può ben capire come il linguaggio alchemico, al pari di quello muratorio, si prestasse perfettamente all’utilizzo nell’ambito iniziatico della Massoneria dove si andavano costruendo dal nulla una nuova religione, una nuova filosofia, una nuova antropologia e una nuova visione del mondo e dell’uomo. L’alchimia, prima reputata come vera e propria scienza, divenne perciò un sapere arcano dal quale pescare concetti significativi che fossero utili a quel “perfezionamento del libero muratore” che costituisce lo scopo del percorso iniziatico massonico.
Fu così che l’opera alchemica di trasmutazione dei metalli divenne metafora applicabile alla realtà del singolo iniziato, come della società intera. Il principio solve et coagula con le sue 3 fasi - opera al nero o Nigredo (putrefazione e dissoluzione), opera al bianco o Albedo (purificazione e sublimazione) e opera al rosso o Rubredo (ricomposizione e fissazione) – divenne un modo di pensare come destrutturare e ricostituire ex novo l’essere umano come individuo e la società nei suoi presupposti e fondamenti. I metalli oro e argento divennero allegoria di Sole e Luna che nella loro quotidiana alternanza davano vita alla “Grande Opera” (il Rebis) grazie al principio di unione degli opposti, e discorsi simili si potrebbero fare con gli altri metalli e gli altri pianeti a ciascuno associati.
Non è difficile capire che, in un contesto relativista, applicare in senso filosofico e politico il principio di “solve et coagula” alla “unione degli opposti” rivoluziona le idee di bene e male, giusto e sbagliato, bello e brutto, vero e falso, umano e bestiale, prima e dopo, Dio e Lucifero, eccetera. Queste sono le radici della Rivoluzione che dall’inizio del Settecento (ma in verità fin dal Quattrocento) ha cambiato la Storia ed è tuttora in corso, in fase di forte accelerazione perché motus in fine velocior: dopo aver spaccato l’unità della Chiesa (protestantesimo), l’unità fra realtà e ragione (rivoluzione soggettivista cartesiana), l’unità fra autorità politica e fede (rivoluzione francese e seguenti simili), l’unità tra uomo e donna (rivoluzione sessantottina con divorzio, aborto e libertinismo sessuale), ora col transumanesimo e il post umanesimo si mira a dissolvere l’unità fra corpo e anima, per coagulare un “uomo nuovo” compenetrato dalla Tecnica e modificato nel DNA. A quel punto la Grande Opera alchemica sarà compiuta.
Altri simboli alchemici che ripropongono, più o meno, questi concetti sono quelli animali come corvo (nero), cigno (bianco) e fenice (rosso per il fuoco che la consuma e da cui risorge: "ex cinere resurgo" in un continuo processo alchemico); oppure l’uroboro, il serpente che si morde la coda a simboleggiare l’infinita ciclicità del tempo e della materia. Termini come “quintessenza” e come “influenza” (la malattia alle vie respiratorie) derivano dal linguaggio alchemico relativo al procedimento di distillazione, uno, e all’astrologia, l’altro.
Infine, in questo breve excursus, va citato l’acrostico VITRIOL che è allegoria dei materiali di lucentezza vitrea adatti a sciogliere i metalli (come il vetriolo, appunto, o l’acido solforico), ma che sta a indicare il procedimento della Grande Opera alchemica nei confronti della persona e della società, sciogliendo i metalli (i difetti) per ricostituirne la materia nella perfezione della pietra filosofale (l’uomo nuovo, la società nuova); per fare questo vi è l'esigenza di scendere nelle viscere della Terra, cioè negli anfratti oscuri dell'anima, per conseguire l'iniziazione, operando quella trasmutazione della materia nello spirito che permetterebbe di conseguire l'immortalità e riportare alla luce la sapienza attraversando le diverse fasi del Rebis, cioè nigredo, albedo e rubredo. A tal fine occorre appunto un acido come il vetriolo in grado di sciogliere anche la pietra più dura e provocare le trasformazioni più radicali. Ed ecco allora che si spiega il significato dell’acrostico VITRIOL: “Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem”, che significa «Visita l'interno della terra, operando con rettitudine troverai la pietra nascosta».
Nel prossimo paragrafo accenneremo all’Ermetismo che, con Alchimia e Cabala, sullo sfondo della Gnosi, costituisce una delle colonne portanti – per rimanere in tema di allegorie muratorie – dell’immaginario concettuale massonico.