Torna agli articoli
Religioni 09-01-2023

BIBBIA /La deriva del peccato: Caino e Abele

L'autore sacro del libro della Genesi prosegue la sua narrazione con le conseguenze del peccato originale, ormai entrato a far parte della natura umana. L'episodio dei due fratelli Caino e Abele presenta molti significati, oltre all'episodio cruciale del primo omicidio

 

 

Il capitolo 4 di Genesi racconta la vicenda di Caino e Abele, poi solo di Caino, e infine fa un cenno alla nascita di Set come capostipite della discendenza di Adamo ed Eva. Analizziamo queste tre fasi, una alla volta.

Il testo inizia dicendo che Adamo si unì a Eva che concepì e partorì Caino, e va notato che l'autore di Genesi fa in maniera che proprio il primo nato sarà anche il primo assassino, a riprova dell'effetto tremendo del peccato originale ormai connaturato all'essere umano. Eva esclama: "Ho acquistato un uomo dal Signore" e questa frase è diventata modo di dire diffuso nella cristianità, dove la frase "Ha comprato un bambino" riferito a una donna che ha appena partorito è tuttora d'uso comune. Dopo Caino, nacque Abele. Abele divenne pastore di greggi, dunque archetipo di un'umanità nomade, mentre Caino era lavoratore del suolo, dunque archetipo di un'umanità stanziale, come a indicare che i due modi di organizzare l'esistenza pratica sono connaturati all'uomo fin dal principio.

Vi è poi l'episodio che scatena l'invidia di Caino, figlia della superbia, e che va compreso: sia Caino che Abele offrono i frutti del loro lavoro in sacrificio al Signore, ma il Signore gradisce il sacrificio di Abele e non gradisce il sacrificio di Caino che, per questo, si adira. Il significato non è ovviamente nel cercare una preferenza del signore per l'agnello arrosto rispetto al minestrone di verdure, né tantomeno nel ritenere che il Signore faccia preferenze ingiuste. Semplicemente è un dato di fatto che, nella vita, pur compiendo il proprio dovere con impegno alla stessa maniera si vedono taluni avere successo e onori e tali altri, non meno degni e capaci, che non ottengono soddisfazione e, rimanendo onesti, si devono accontentare del minimo indispensabile. Non esiste il karma, lo vedremo bene quando analizzeremo il libro di Qoelet: l'evidenza della vita certifica che non c'è una giustizia materiale secondo i parametri umani, in questo mondo. La giustizia c'è, ma va cercata nel dialogo successivo tra il Signore e Caino.

Il Signore vide Caino triste, col volto abbattuto, e il Signore gli disse: "Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene non dovrai forse tenerlo alto?" ovvero: quando uno ha fatto il proprio dovere e si è comportato onestamente, ha la massima dignità e non importa se ha accumulato ricchezza e onori terreni, poiché egli è degno di fronte a Dio che è la sola cosa che conti veramente. Il Signore aggiunse: "Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta: verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo". Fa capolino in questa frase l'antidoto al peccato che il Signore ci ha lasciato, nonostante la nostra colpa: si tratta del libero arbitrio. Noi siamo tentati dal peccato a causa della nostra superbia che ci porta a desiderare l'affermazione del nostro ego sopra a tutto e a tutti, ma abbiamo la coscienza e la ragione che ci offrono la possibilità di dominare il peccato, con l'aiuto della preghiera che significa il mantenimento di una relazione sincera con il Signore. Questo insegnamento vale per tutti gli uomini di tutte le epoche, come del resto ogni altro della Sacra Scrittura.

Purtroppo Caino si fece travolgere dalle passioni e, dopo l'invidia generata dalla superbia, ecco comparire l'inganno figlio della menzogna scaturita dall'invidia: egli tende un tranello al fratello Abele, lo invita in campagna e qui lo uccide. Subito la voce del Signore chiese conto a Caino: "Dov'è Abele, tuo fratello?" e l'assassino con arroganza, espressione della superbia anche di fronte a Dio, dapprima rispose: "Sono forse il guardiano di mio fratello?" esprimendo così la completa ribellione al Creatore, che riprese: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo..." a indicare che non si sfugge al giudizio di Dio che, infatti, prosegue con la maledizione perpetua rivolta a Caino che, a questo punto, si rende conto della gravità del misfatto e sente l'altra cosa a cui non si può sfuggire: la propria coscienza, che gli fa esprimere il famoso lamento: "Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? ... chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere". Ma il Signore qui rispose: "Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte", per ribadire il principio della sacralità della vita, da ribadire anche di fronte alla sete di vendetta che va placata, per non generare un circolo vizioso. Purtroppo, come sappiamo, nella discendenza di Caino ci sarà quel Lamech che reclamerà per sè il diritto alla vendetta non sette volte, ma settanta volte sette; sarà proprio a questo che Gesù farà un implicito riferimento quando, rispondendo a Pietro su quante volte si deve perdonare il fratello che ci offende, disse: "Non sette volte, ma settanta volte sette", che non significa 490 volte, ma 7 (numero della pienezza) moltiplicato 10 (numero del conto pieno - le dita delle mani) moltiplicato ancora per 7, cioè ancora, e ancora, e ancora.

Il capitolo si chiude con la nascita del nuovo figlio di Adamo ed Eva, chiamato Set, che sarà padre di Enos a partire dal quale viene detto che cominciò il culto al Signore, invocandone il nome. Da qui partirà la discendenza di Adamo che porterà ai patriarchi, a Noè e infine ad Abramo.

Dunque sia Caino che Set trovano donne con cui riprodursi, a indicare che il racconto di Genesi non descrive l'origine dell'uomo secondo categorie storiche deterministiche, ma secondo una modalità finalizzata a dare insegnamenti sulla natura originale dell'uomo e del suo rapporto originale con il Creatore, entrambi corrotti dal peccato originale. Vanno perciò rigettate quelle letture, alquanto fantasiose e destituite di ogni fondamento nella cultura ebraica che ha generato questo testo, che vedono nell'esistenza di donne la presenza di razze aliene o di altre razze di origine non divina che si sarebbero ibridate con l'essere umano. Tali letture vanno bene per tenere conferenze e vendere libri improbabili a borghesucci annoiati, privi della pazienza per fare uno studio serio della Sacra Scrittura, ma non hanno alcun valore esegetico poiché la Bibbia non è un libro di Scienze empiriche, ma un libro ispirato all'uomo, scritto da uomini e che parla all'uomo dell'uomo e del suo rapporto con Dio, servendosi delle categorie concettuali e delle conoscenze proprie della cultura e della società dove i testi della Sacra Scrittura furono scritti. Una lettura seria prevede sempre l'individuazione, nel testo, degli insegnamenti universali e perenni, validi sempre e per ogni persona, distinguendoli dagli elementi narrativi contingenti che servono da sfondo e che sono interessanti solo dal punto di vista storico, antropologico, culturale o letterario-linguistico.

(sotto, l'incisione di Gustave Doré intitolata "Caino e Abele")

 

Condividi articolo