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Religioni 07-04-2023

IL MISTERO DELL'ISCRIZIONE SULLA CROCE

Perché i giudei volevano far rimuovere la scritta fatta realizzare da Ponzio Pilato e posta sopra il capo di Gesù crocifisso? Cosa li disturbava, dato che avevano ottenuto l'uccisione dell'odiato galileo?

 

 

Nella basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme, dov’era l’antico palazzo dell’imperatrice Elena, si conservano molte reliquie della Passione: una considerevole porzione della Vera Croce, due spine della Corona, un Chiodo e il “Titulus”, ossia il cartiglio con la condanna che Pilato fece porre sulla Croce di Gesù, una reliquia importantissima, senza dubbio, della quale ne resta solo una parte. Secondo la tradizione, fu trovata da Sant’Elena - le cui spoglie mortali sono conservate a Venezia nella chiesa a lei intitolata - insieme alla Vera Croce. Tra il 1484 e il 1493 il cardinal Pedro González de Mendoza sottopose la chiesa della Santa Croce al restauro del coro, del soffitto (ormai perso), e dell’affresco dell’abside. Durante questi lavori, quando gli operai si trovarono alla sommità dell’arco trionfale, trovarono – con grande sorpresa, come attesta il “Diario della città di Roma” del 1492 – una nicchia. Dentro questa, vi era una scatola di piombo, e sopra questa, una tabella di terracotta, con la scritta “TITULUS CRUCIS”, così in stampatello. Fu probabilmente nascosta nel V o VI secolo per proteggerla dalle invasioni barbariche. La sistemazione della reliquia in questa ubicazione si deve a papa Lucio II (1144-1145) che fece costruire il transetto di cui l’arco trionfale fa parte. Il perché la fece sistemare in questo luogo nascondendola di nuovo per secoli resta ancora un mistero.

Anche se la parte destra e quella superiore sono molto deteriorate si può leggere chiaramente la parte iniziale delle iscrizioni in greco e latino mentre dell’iscrizione superiore, in ebraico, più logora, solo tre lettere sono leggibili. Il Titulus reca una parte dell’iscrizione nelle tre lingue, ma in ordine diverso da quello descritto da Giovanni, ossia in ebraico, greco e latino (e non ebraico, latino e greco come dice Giovanni).

Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum’, questo è il significato della sigla INRI apposta sul crocifisso di Gesù, ossia ‘Gesù Nazareno Re dei Giudei’. Questo Gesù diceva di essere e questa fu la causa della sua condanna, per oltraggio a chi regnava, una condanna per lesa maestà. Lo possiamo leggere nel Vangelo di San Giovanni: “Pilato intanto fece scrivere anche il titolo, che diceva la causa della condanna, e lo fece porre sulla croce. Vi era scritto: ‘Gesù Nazareno, Re dei Giudei’. Or molti dei Giudei lessero quest’iscrizione, essendo il luogo dove fu crocifisso Gesù, vicino alla città. Ed era scritto in ebraico, in latino e in greco. Dissero dunque i grandi Sacerdoti dei Giudei a Pilato: ‘Non scrivere: Re dei Giudei; ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei’. Rispose Pilato: ‘Quel che ho scritto, ho scritto’”. (Gv 19, 19-22).“Quod scripsi scripsi / quel che ho scritto, ho scritto”, lapidaria formula di Pilato per rispondere ai Giudei alla loro contestazione. E così rimase: “Gesù Nazareno, Re dei Giudei”.

Ma noi sappiamo che ai Giudei non interessava la questione legale di tipo politico che Pilato usò per comminare una condanna a morte, cioè il reato di eversione e di attentato all'autorità imperiale. A loro interessava la questione teologica che a Pilato non poteva interessare di meno, non costituendo reato per i Romani: Gesù si era proclamato Dio, dicendo di essere il Figlio scaturito dal seno del Padre e che il Figlio e il Padre sono una cosa sola; aveva inoltre detto che "Prima che Abramo fosse, IO SONO" (Gv 8, 58). Tra poco sveleremo il mistero che si chiarì con la lettura del TITULUS CRUCIS, e di come i Giudei si rivolsero a Pilato dissimulando il vero motivo del loro fastidio. Torniamo al reperto e alle sue iscrizioni.

Nel testo latino è riportata la versione “Nazarinus” anziché “Nazarenus“. “Nazarinus” non è proprio del latino della vulgata (dal IV sec. d.C. in poi) ma appartiene al latino classico. Alcuni sostengono che sia un errore di chi ha scritto il titulus, altri invece  propendono per una forma più arcaica per indicare la provenienza. Queste anomalie sono considerate da alcuni indizi di autenticità. Le foto dell’iscrizione furono fatte esaminare da diversi paleografi che confermarono che le lettere sono compatibili con quelle usate nel I secolo. Per cui questo porterebbe a concludere che se non siamo in possesso dell’originale, per lo meno potrebbe trattarsi di una copia fedele dell’originale, e non di un falso. Un ipotetico falsario si sarebbe verosimilmente attenuto più fedelmente alla descrizione del vangelo, difficilmente avrebbe usato una scrittura retrograda o prodotto imitazioni paleograficamente verosimili.

Nella parte in latino, possiamo leggere: I NAZARINUS R, e in quella greca IS NAZARENUS B che andrebbero completati rispettivamente con EX IUDAEORUM e ASILEOS TON IUDAION, dove della parola “re”, (rex, basileos) rimane solo la prima lettera. L’iniziale “I, IS” sarebbe l’abbreviazione di Iesus, nome estremamente diffuso in Galilea, motivo per il quale non l’avrebbero scritto per esteso. Ora se si confrontano le quattro iniziali della scritta in latino “Iesus Nazarinus Rex Iudaeorum “ appare “INRI”.

Un erudito ebreo, Schalom Ben-Chorin, ha avanzato l’ipotesi che la scritta ebraica fosse simile a quella riportata da Giovanni: “Yeshua Hanozri W(u)melech Hajehudim”, cioè letteralmente:“Gesù il Nazareno e Re dei Giudei”. In tal caso le iniziali delle quattro parole corrisponderebbero esattamente con il tetragramma biblico, il nome impronunciabile di JHWH (Jahwèh). Il Tetragramma (dal greco “quattro lettere”) indica il Nome con cui Dio si rivelò a Mosè (Esodo, III, 14-15): “Io Sono Colui che Sono / Ego sum qui sum”, e significa l’Essere stesso per sua natura, Colui la cui proprietà essenziale è l’Essere. Quindi la scritta “INRI” non solo ci ricorda che Gesù è il Re del mondo intero e dei Giudei ma anche che “Egli è Colui che è” (“YHWH”), ossia l’Essere increato e Creatore del cielo e della terra.

Gesù aveva annunziato che "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono..." (GV 8, 28) e nel momento in cui fu crocifisso, cioè innalzato da terra, agli occhi di tutti si presentò questa scena: un uomo crocifisso con una scritta sopra la testa che in Latino diceva "Re dei Giudei" e in ebraico diceva "Dio". Per questo i Giudei volevano rimuovere il TITULUS CRUCIS... Impressionante!

(Sotto - Cristo Crocifisso, di Diego Velàzquez, 1631, Museo del Prado a Madrid)

 

 

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