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Politica e Società 21-02-2024

THE SOUND OF FREEDOM

Ho visto il film importato in Italia dalla Dominus Production nel giorno della sua uscita ufficiale nelle sale cinematografiche e ne descrivo luci, parecchie, e ombre, qualcuna.

 

 

Lunedì 19 febbraio è uscito nelle sale cinematografiche italiane, finalmente in modo ufficiale e regolarmente doppiato in italiano, il film "The sound of freedom - Il canto della libertà" del regista Alejandro Monteverde, con l'attore Jim Caviezel nel ruolo del protagonista.

Il film è tratto da una storia vera che riguarda la vicenda di un agente della Homeland Security Service americana, Tim Ballard, impegnato a combattere la pedofilia negli USA e che si imbatte in un caso che lo scuote nell'anima e lo obbliga moralmente a infiltrarsi nella rete del traffico dei minori in America Latina - fra Honduras, Messico e soprattutto Colombia - per cercare di liberare la sorella di un bambino appena liberato al confine tra Messico e USA.

Dal punto di vista tecnico il film è ben girato, ha un pathos costante, una fotografia di ottima qualità, la recitazione dei principali personaggi è all'altezza del ruolo e i valori trasmessi sono genuinamente cristiani, come da tempo non si vede nei film, con "mattonate" che rimangono impresse, come le parole del Vangelo - parole di Cristo - dette in faccia al trafficante di bambini americano "meglio sarebbe per loro legarsi una macina di mulino al collo e gettarsi in fondo al mare" riferito a chi scandalizza i piccini, o come la frase "I figli di Dio non sono in vendita" che è la sintesi della motivazione a combattere la pedofilia dichiarata dal protagonista.

Il film risulta essere, alla fine, un poliziesco-thriller, con una componente avventurosa di rilievo per la parte riguardante la missione nella giungla colombiana, alla ricerca della piccola Rocìo, finita come schiava sessuale nelle mani di un comandante delle FARC in uno degli accampamenti remoti della guerriglia rivoluzionaria. Non ci sono scene scabrose, l'orrore della pedofilia viene descritto con le espressioni dei volti di aguzzini e vittime, con gli atteggiamenti che lasciano fortunatamente un pietoso sottinteso a quanto non dovrebbe mai essere visto e ancor meno dovrebbe accadere, ma che purtroppo è una piaga mondiale che riguarda milioni di bambini innocenti.

Il film è stato girato tra il 2015 e il 2018, pertanto non è minimamente toccato dalle voci più o meno incontrollate relative alla pedofilia praticata dalle ricche élites americane, né vi sono riferimenti a questioni riguardanti sacrifici umani per fini abietti (adrenocromo e cannibalismo) come proposto da certa letteratura complottista. Qui si denuncia il traffico della pedofilia, dapprima con le sue ramificazioni per gli utenti americani e poi, soprattutto, con la sua cruda realtà di malavita e di povertà propria dell'America Centrale. E tutto il film è attraversato da un sentimento cristiano di riscatto, di speranza anche nella miseria più cupa, anche grazie alla figura del "Vampiro", un ex trafficante di droga convertitosi dopo il carcere alla causa della lotta contro il traffico di minori e che risulterà un fondamentale aiuto per il protagonista - impersonato da Jim Caviezel - nella sua infiltrazione negli ambienti colombiani.

Dunque tanti elementi positivi per un film sicuramente buono, sebbene non sia un capolavoro assoluto, che ha il grande merito di far luce sulla piaga più vergognosa dell'umanità che è la pedofilia, ma al quale devo però contestare anche un paio di macchie. La prima, concentrandosi essenzialmente sull'ambiente latinoamericano lascia sullo sfondo, solo come premessa o come fenomeno legato al consumo finale, la presenza di una vasta rete di pedofili negli USA e, di conseguenza, nel mondo ricco in generale; forse si poteva concedere alla sceneggiatura una parte che avrebbe arricchito il film, alzandone il livello e l'impatto, sviluppando la portata della rete di clienti del primo arrestato. La seconda: la promozione del film si è basata a lungo su una presunta censura che ne avrebbe impedito la diffusione e a me, visto il prodotto, la cosa puzza un po', perché mi sa tanto da trovata pubblicitaria per vendere il film fuori dalla rete di distribuzione ufficiale ed avere maggiori introiti netti, finché è possibile, per poi mandarlo nelle sale ufficiali come "film proibito", e dunque attraente, quando il mercato parallelo è stato sfruttato al massimo. Dico questo perché il film non denuncia qualche ambiente particolare o qualche pesce grosso, non scoperchia scandali che non siano purtroppo già noti, non presenta scene o realtà non conosciute o sorprendenti. E' un bel film che ha il grande merito di mettere il dito nella piaga del traffico di minori per la rete dei pedofili, ma che poi si concentra per la seconda metà sull'operazione poliziesca, da cui trae spunto nella realtà, finalizzata alla liberazione di una bambina nella giungla colombiana. Per diventare un vero film di denuncia civile e un autentico capolavoro avrebbe dovuto, io credo, sviluppare anche la parte delle implicazioni del traffico di bambini nel mondo dei ricchi americani, poiché è dimostrato che i maggiori introiti per questa industria abietta provengono dalla fruizione di materiale pedo-pornografico acquistato proprio dall'insospettabile vicino di casa nei cosiddetti "Paesi civili". E qui sarebbe tornata necessaria, con forza, la citazione evangelica: "meglio per loro sarebbe legarsi una macina di mulino al collo e gettarsi in fondo al mare". Parola di Dio.

 

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