Torna agli articoli
Politica e Società 14-06-2023

L'IMPRONTA DI BERLUSCONI NELLA POLITICA

La morte di Silvio Berlusconi, personaggio di caratura notevole nel bene e nel male, lascia spazio a tanti commenti che spesso tradiscono una visione superficiale e parziale. Io voglio sforzarmi di vedere come ha impattato in modo duraturo nella politica, al di là di ogni discorso di tipo personale.

 

 

Giorgio Gaber, con l'acuta lucidità che lo contraddistingueva, diceva con la sua parlata dalla cadenza meneghina: "Io non temo il Berlusconi in sè, io temo il Berlusconi in me". Questa frase a me pare intelligentissima e mi è utile per esprimere la mia posizione diversa rispetto a chi accusa Berlusconi di aver impresso una svolta negativa al popolo italiano, tramite le sue televisioni che avrebbero trasformato gli utenti a sua immagine e somiglianza. Questa per me è una volgare, superficiale e sciocca sopravvalutazione di Berlusconi.

Silvio Berlusconi fu invece, a mio giudizio, il campione perfetto e massimo della mentalità edonista, consumistica e libertina scaturita dal Sessantotto e innestata non nei puzzapiedi spinellati e ontologicamente falliti, per famiglia e per DNA, della Sinistra ex comunista, ma nei figli della cultura tradizionale e familiare di matrice cristiana che ha connotato la civiltà dei territori a sud delle Alpi per almeno 15 secoli.

In Berlusconi permaneva una patina di tradizione e di moralità ereditate, anche se serviva più per la retorica e come tecnica di vendita per rassicurare l'acquirente (che fosse di una spazzola, di un appartamento o del consenso politico) che non come reale regola di vita. Ma io non perderò un solo secondo a criticare Berlusconi per la sua condotta privata, giacché sono abituato a farmi bastare di gran lunga i miei peccati per poter dedicarmi a sindacare la condotta privata altrui. La sottolineatura la ho fatta solo per introdurre l'elemento di fondo che ha determinato poi il modo in cui Berlusconi si è approcciato alla politica, per arrivare a parlare delle sole cose che interessano un analista politico come me: gli effetti duraturi del suo impatto e del suo passaggio.

Comincio dai tre aspetti positivi, per poi arrivare ai tre grandi danni lasciati in eredità da Silvio Berlusconi.

Il primo aspetto positivo è nel fatto che ha scongiurato, direi proprio da solo, la riuscita del colpo di Stato della Magistratura con "Mani Pulite" che serviva a mettere le forze progressiste al potere incontrastato, dopo aver spazzato via la classe dirigente del vecchio "Pentapartito" della Prima Repubblica a colpi di avvisi di garanzia, processi, inquisizioni e condanne a senso unico. La "discesa in campo" del 1994 fa ancora digrignare i denti a chi era convinto di avercela fatta per aver preparato la pentola, dimenticando che mancava il coperchio e quello era finito, per uno di quegli scherzi della Provvidenza che si serve delle persone più impensabili, nelle mani dell'imprenditore milanese per eccellenza, a capo di un impero che si occupava di immobili, di TV commerciali, assicurazioni, banca d'investimenti e calcio. L'aver dato vita a un contenitore elettorale abborracciato che riuniva tutte le forze non di Sinistra fu un merito storico che, per certi versi, salvò almeno per un ventennio la democrazia nella Repubblica Italiana.

Il secondo merito è conseguente al primo ed è la costruzione di un'area politica di consenso per l'elettorato moderato, quel cosiddetto "centrodestra" di cui Berlusconi è stato l'artefice e che ha permesso perfino agli eredi del Movimento Sociale Italiano, ex fascisti, di rientrare nell'alveo istituzionale senza più avere il marchio dei paria (se non per i summenzionati e irrecuperabili puzzapiedi spinellati e falliti). In chiave storica, questo è un grande lascito che va riconosciuto al politico Berlusconi senza riserve.

Il terzo merito è legato alla sua attività politica: se molte sono le discussioni che si possono tenere sia sulla politica economica che di bilancio, sia su quella interna che di indirizzo ideale (per me sotto questo aspetto, ad esempio, ha fallito sia come liberale che come presunto conservatore, forse perché in realtà era più libertino che liberale, e conservatore lo era solo a parole per prendere i voti dei moderati), in politica estera è stato un fuoriclasse grazie alla sua innata capacità di piazzista e di affarista, applicata alla nazione come se si trattasse di una sua azienda, e nella gestione delle sue aziende credo nessuno possa seriamente dire che non ci sapesse fare come pochi altri al mondo. Forse solo in politica estera vale questo principio aziendalista applicato allo Stato, principio che è quello che ci porta ai tre grandi danni lasciati da Berlusconi.

Il primo danno è quello di aver fatto passare l'idea che un bravo imprenditore debba essere per forza un bravo politico grazie a quello che ha saputo fare nel settore privato, a discapito dei politici di professione "che non hanno mai lavorato". Questa è una stronzata di dimensioni apocalittiche, eppure la gente tutta gli ha creduto, perfino gli anarcoidi che poi hanno votato un movimento essenzialmente di Sinistra come il Movimento Cinque Stelle che su questo principio (unito al concetto del "Vaffanculo") ha mandato in parlamento fenomeni umani come Di Maio, Crimi, Toninelli, la Taverna, eccetera... Sarebbe come dire che uno che ha dei figli sani potrebbe andare a dirigere un ospedale e insegnare medicina ai medici, o che un bravo muratore dovrebbe progettare le infrastrutture perché è capace di fare la malta. Eppure talmente tanti gli hanno creduto che il panorama politico, a tutti i livelli, si è riempito di emuli di Berlusconi, convinti che per capire di politica basti aver lavorato, pagato un po' di tasse e ascoltato TG e talk show televisivi con cadenza quotidiana da quando si è arrivati all'età adulta. I risultati, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti, anche se la maggior parte ancora crede a questa cavolata galattica.

Il secondo danno discende dal primo: siccome conta la persona, non ha più vero senso il partito con un sistema ideale articolato e una visione del mondo completa e oggettiva. Ci si deve riconoscere cioè nel leader, come un tronista di Maria De Filippi, e il partito è un mero contenitore elettorale che candida le persone selezionate dal leader sulla base di amicizia, devozione, simpatia; i voti li prende il leader e gli eletti sono "i suoi uomini". Infatti la gente ha cominciato a dire non più "voto la DC, o il PCI o il PSI" intendendo un modo di pensare il mondo e la cosa pubblica, bensì "io voto Berlusconi, o Salvini, o Renzi, o Grillo" sulla base di logiche emotive, di pancia, quasi come un sondaggio d'opinione o addirittura un televoto. Questo è un danno terrificante che ha visto addirittura inserire il nome del leader nei simboli dei partiti, un danno che rischia di essere irreversibile.

Il terzo danno è addirittura più grave dei precedenti e consiste nell'aver quasi istituzionalizzato il concetto di "voto utile", come a dire che esiste anche il "voto inutile" e che questo voto sarebbe quello che non sostiene la logica della contrapposizione bipolare tra "Bene contro Male". In questo tranello è caduta l'intera popolazione italiana che non concede, tranne percentuali misere, il proprio voto a nuove formazioni concorrenti dei partiti di potere consolidato. Piuttosto la gente si astiene, non vota, ma il voto a formazioni nuove non viene dato perché "tanto cosa volete che facciano di diverso, vogliono solo mangiare, sono tutti uguali".

Questa è l'eredità di Berlusconi, se ci asteniamo dall'entrare nelle torbide vicende private e se non facciamo finta di non sapere che in uno Stato come l'Italia, creato dalla Massoneria e infiltrato pure dalla Mafia, chi non si sporca le mani è destinato a rimanere al margine o a fare nella migliore delle ipotesi il servo di poteri stranieri. Ma su questo non mi interessa sprecare un rigo, talmente tanto ne ho parlato e scritto in libri e conferenze pubbliche. Mentre sulle miserie umane, come detto in principio, taccio perché a differenza di altri fenomeni che puntano il dito ho il pudore di guardarmi allo specchio e di sapere che sarò giudicato con la misericordia che userò verso gli altri. E me ne serve tanta, percui a Silvio Berlusconi faccio tanti auguri e spero per lui che il bene fatto pesi sulla bilancia più del male. Oltretutto, chi si permette di giudicarlo sotto gli aspetti personali spesso è solo un invidioso che nella sua miseria magari ne ha combinate (o ne avrebbe combinate avendone la possibilità) pure di peggio, e non vale in verità manco un millesimo di un personaggio straordinario, comunque la si voglia vedere, come fu Silvio Berlusconi.

 

Condividi articolo