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Pensiero e Idee 07-11-2022

IMPARARE IL VALORE DELLA SCONFITTA

Propongo ai miei lettori una riflessione di Pier Paolo Pasolini, nella quale mi riconosco in pieno, sull'importanza di imparare a perdere. Un messaggio controcorrente in un mondo fondato sulla prevaricazione.

 

 

Sono due i pensatori italiani che maggiormente apprezzo, per quanto riguarda l'epoca della Repubblica Italiana iniziata nel 1946: uno è il filosofo cattolico Augusto Del Noce, principale riferimento nella mia tesi di laurea in Teologia dove ho sviluppato il tema delle radici dell'ateismo contemporaneo, l'altro è il laico Pier Paolo Pasolini che nella sua riflessione sul mutamento antropologico e sociale in atto con l'imposizione in Occidente del sistema americano fu precursore dei tempi e lucido osservatore dei meccanismi della dissoluzione morale che oggi è sotto gli occhi di tutti.
 
Di Pier Paolo Pasolini voglio oggi pubblicare questo elogio del valore della sconfitta, una cosa che oggi sembra ancora più dissonante di quanto non potesse sembrare cinquant'anni fa. Eppure imparare a perdere è il più grande insegnamento che si può trarre dalla pratica sportiva, per esempio, assieme a imparare il rispetto per gli sconfitti che è quello che distingue il vero vincitore dal prevaricatore volgare e destinato, prima o poi, a una sconfitta ancor più rovinosa di quella che non sa rispettare.
Nella vita è assai più frequente la sconfitta della vittoria, nonostante il mondo consumista fondato sulla concorrenza esalti sempre e solo il modello del vincente, con tutte le ripercussioni psicologiche che questo ha sulla vasta schiera dei non vincitori o dei perdenti. Ecco perché ritengo utile meditare con cura queste brevi parole, dense di umanità e di maturità, meritevoli di essere fatte proprie e di venire insegnate soprattutto ai ragazzi giovani, fin da bambini.
 
Pier Paolo Pasolini:
"Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.
In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.
Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù".
 
Ecco, la penso esattamente allo stesso modo e non credo di dover aggiungere una sola parola a quanto detto da Pasolini.

 

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