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Pensiero e Idee 16-01-2023

IL FORUM DI DAVOS E GLI INDIPENDENTISTI

La sessione annuale del World Economic Forum, dove si riunisce l'élite mondialista che ormai determina l'agenda politica degli Stati, è un'occasione per riflettere anche per i vari movimenti indipendentisti dei "popoli senza Stato", in particolare quelli che uno Stato lo ebbero per molti secoli. Capire che indipendentismo e mondialismo sono radicalmente opposti è il punto di partenza per poter ancora esistere.

 

 

La trasformazione delle democrazie occidentali in tecnocrazie guidate dalla finanza internazionale procede ad altissima velocità, nella generale inconsapevolezza dei popoli a cui sta venendo sottratta definitivamente la sovranità. Questo nuovo modello politico potrebbe venir chiamato "esocrazia" per il fatto che il potere viene esercitato dall'esterno sulle istituzioni dei singoli Stati, ai quali viene dettata l'agenda politica decisa in contesti non costituzionali, ma ormai in via di istituzionalizzazione per prassi consolidata.

Il più famoso di questi centri di elaborazione dell'agenda politica, anche se ve ne sono altri di forse addirittura più importanti, è il World Economic Forum che opera dal 1971 e si riunisce ufficialmente una volta l'anno nella cittadina svizzera di Davos, per tradizione nella seconda metà di gennaio, fatti salvi gli ultimi anni condizionati dall'emergenza pandemica. Quest'anno torna la collocazione consueta e i lavori congressuali avranno luogo tra il 16 e il 20 gennaio 2023.

L'agenda prevede ben 450 tavoli di lavoro, ma i punti essenziali sono sei: la conduzione della guerra in Ucraina contro la Russia; le politiche da attuare su questioni come alimentazione, ambiente/clima, energia; come pilotare l'imminente Recessione economica; prepararsi alla prossima pandemia uniformando i sistemi sanitari e i protocolli statali di sicurezza; le politiche pro gender e pro egalitarismo (immigrazione, uniformazione culturale, nuova narrazione della realtà); la transizione digitale e le sue applicazioni in ogni ambito, compreso l'innesto della tecnologia nel corpo umano.

Sullo sfondo, perché molti non lo hanno ancora capito, c'è il progetto mondialista per eccellenza che è quello di realizzare l'unificazione politica di tutto il mondo, creando un super Stato globale con una popolazione omologata, mescolata, con una nuova religione mondiale che progressivamente compendi e soppianti quelle esistenti (soprattutto eliminando quella cristiana cattolica e trasformando la Chiesa in un ente morale filantropico), con una nuova cultura prodotta da zero a partire dal Grande Reset già annunciato e sbandierato nelle ultime edizioni del Forum di Davos.

Ovviamente chi è amante della tradizione e delle radici storiche, culturali e spirituali, è considerato il nemico da abbattere e dovrebbe a sua volta comprendere che il mondialismo, cioè l'ideologia che racchiude tutte le istanze promosse a Davos e nei contesti ad esso simili, è qualcosa a cui opporsi su ogni singolo punto.

Uno dei fronti che a me stanno a cuore, come veneto e come cristiano, è quello del diritto di autodeterminazione dei popoli fino all'indipendenza piena. Un fronte chiaramente antitetico rispetto al mondialismo, perché va nella direzione diametralmente opposta. Gli ultimi anni di emergenza sanitaria hanno sopito le attività dei vari movimenti indipendentisti che, negli anni Dieci ebbero notevole vitalità in varie parti d'Europa e del mondo: basti pensare a Catalogna, Scozia, Fiandre, Paesi Baschi e - last but not least, numeri alla mano - Repubblica Veneta. E qui, parlando del mio Veneto, mi duole constatare che manca la comprensione di come proseguire la battaglia nel contesto attuale.

I simboli veneti - si guardi la bandiera contarina della Repubblica di Venezia come esempio - sono tutti cristiano cattolici, la tradizione spirituale e culturale è cristiano cattolica, la Storia delle istituzioni indipendenti venete fu cristiano cattolica, in modo talmente marcato da ribadirne in più occasioni l'indipendenza temporale perfino dal papato. Inoltre, la mentalità locale è tipicamente policentrica e confederale, ovvero l'opposto di quella centralista e dirigista tipica del mondialismo.

Partendo da questo punto, si può capire che la sola strada per dare ancora un significato plausibile alla lotta indipendentista è quella di contrastare completamente il Sistema istituzionale e culturale dell'attuale Occidente a trazione mondialista, ma non basta farlo sul piano dell'organizzazione dello Stato e del modo di amministrare i suoi territori. La battaglia va condotta su ogni fronte, a partire da quello valoriale, quello che determina il tipo di civiltà nel quale si vuole esprimere la propria indipendenza.

Pertanto l'indipendentismo ha senso solo se reclama per il proprio popolo il diritto a vivere sul proprio territorio secondo regole diverse da quelle dell'ordinamento giuridico (lo Stato) a cui è attualmente sottomesso. Ecco dunque emergere il punto cruciale: non ha alcun senso gridare "W SAN MARCO" se non ci si oppone all'ideologia gender, se non ci si oppone alle pratiche neomalthusiane (aborto, eutanasia, gravidanza surrogata, eugenetica), se non ci si oppone alla "cancel culture", se non ci si oppone all'immigrazionismo (con relativa proposta di cittadinanza concessa per "ius soli"), se non ci si oppone al sincretismo religioso e al relativismo etico.

Riprendere la battaglia, attualmente sospesa, ha senso solo se ci si oppone all'agenda di Davos e alla complementare Agenda 2030 dell'ONU, ha senso solo se ci si oppone all'imperialismo anglofono a trazione USA, ha senso solo se si promuove un modello di società e di civiltà realmente antisistema e realmente contrapposto a quello vigente.

In caso contrario, cioè nel caso che si protesti solo per questioni fiscali o per banali rivendicazioni localistiche di stampo autonomista, è meglio riporre in garage i vessilli marciani e smetterla di profanare il nome del santo evangelista Marco. C'è già la Lega, e sennò tanto vale arrendersi a diventare "Fratelli d'Italia", in attesa di piegarsi anche culturalmente all'ideologia mondialista imperante.

 

 

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