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Pensiero e Idee 11-06-2025

BIOPOTERE E TECNOCRAZIA: LA NUOVA MINACCIA

Immigrazione, transizione ecologica, ideologia gender, eutanasia, permessi a punti, prescrizioni alimentari: tutto questo ha un filo conduttore nel totalitarismo globalista.

 

 

La storia del potere è, in ultima analisi, la storia del suo esercizio sul corpo e sull’anima dell’uomo. Da tempo, la riflessione filosofica ha evidenziato come il potere non si limiti più alla sfera politica tradizionale – la gestione delle leggi, delle armi, delle tasse – ma abbia progressivamente invaso le sfere più intime dell’esistenza. Michel Foucault chiamava questa dinamica "biopotere", ossia la presa del potere sulla vita biologica dell’individuo, che viene governato non più come cittadino, ma come organismo.

Oggi, nel cuore delle democrazie liberali occidentali – e in Europa in particolare – vediamo il consolidarsi di dispositivi legislativi e tecnologici che si muovono in questa direzione. Il green pass, i permessi a punti, l'eutanasia legale, l'aborto come diritto individuale, il denaro digitale programmabile, le smart cities, i parametri di sostenibilità ambientale imposti su cibo e mobilità: tutti questi elementi concorrono a delineare una nuova forma di governo, non più rappresentativa e popolare, ma tecnocratica, regolativa e selettiva.

La transizione ecologica come leva normativa

L’ecologismo, nato come giusta attenzione alla custodia del creato, è stato assorbito e trasformato in un apparato ideologico che giustifica l’intervento invasivo dello Stato e delle istituzioni sovranazionali nelle scelte private. L'imposizione di limiti alla mobilità (auto considerate non “green”), di vincoli edilizi alle abitazioni (impossibilità di ristrutturare se non secondo criteri energetici stabiliti dall’alto), e la penalizzazione fiscale o amministrativa per chi non si conforma, vanno ben oltre la tutela ambientale: configurano una vera e propria ingegneria sociale.

Il corpo come campo di sperimentazione normativa

La fecondazione artificiale, la gestazione per altri, la riassegnazione di sesso, l'eutanasia legalizzata, non sono più eccezioni regolamentate con prudenza, ma elementi di un “nuovo diritto” post-umano, fondato sull’individualismo radicale e su una concezione funzionalista del corpo umano. Si delinea così un mercato legalizzato della vita e della morte, dove l’apparato statale funge da regolatore tecnico di scelte che un tempo spettavano alla coscienza, alla morale e alla cultura. Il risultato è una "democrazia biomedica", in cui i diritti fondamentali si trasformano in prestazioni amministrative.

L’uomo sotto sorveglianza permanente

Il passaggio al denaro digitale, promosso ufficialmente per contrastare l’evasione e aumentare l’efficienza, comporta un controllo totale sui comportamenti economici del cittadino. Così come le smart cities “a 15 minuti”, che promettono comodità, ma possono trasformarsi in zone a mobilità e consumi sorvegliati. Le etichette alimentari con “semafori” ambientali, apparentemente innocue, preparano un regime alimentare imposto da agenzie non elette che decidono cosa è “sostenibile” mangiare, secondo criteri non sempre scientificamente condivisi.

Una cittadinanza condizionata

Parallelamente, vediamo crescere la pressione verso una “cittadinanza condizionata”. L’uso di sistemi a punti, la possibilità che il credito sociale venga assegnato in base all’adesione a determinati comportamenti (come già avviene in Cina), è un rischio reale anche in Occidente, dove le tecnologie lo permetterebbero facilmente. Il green pass ne è stato una dimostrazione: per la prima volta nella storia delle democrazie europee, milioni di cittadini sono stati esclusi dalla vita sociale in base a una scelta sanitaria. Ciò che era un diritto universale – lavorare, studiare, viaggiare – è divenuto un privilegio condizionato.

L’obiettivo finale: dissolvere lo Stato nazionale

La promozione dell'immigrazione incontrollata, al di là della necessità di soccorso e integrazione, sembra rientrare in un progetto più ampio di dissoluzione delle identità nazionali. La cittadinanza globale, auspicata in molte sedi internazionali, richiede infatti l’annacquamento delle radici culturali, religiose, linguistiche. Si tratta di un “melting pot” pilotato, non spontaneo, che favorisce la sostituzione di popoli anziché la loro elevazione. In questo quadro, gli Stati vengono svuotati della loro sovranità, mentre un’aristocrazia tecnocratica, selezionata da organismi sovranazionali (Commissione UE, FMI, OMS, ecc.), prende il potere decisionale.

Conclusione: contro il Biopotere, il primato della persona

Di fronte a questo scenario, l’opposizione non può che partire da una riaffermazione radicale della dignità della persona umana, della sovranità popolare, della libertà concreta – quella che non dipende da algoritmi o pass elettronici. È tempo di riscoprire le radici della nostra civiltà: il diritto naturale, la legge morale, la centralità della famiglia, la proprietà privata come presidio di libertà, la libertà religiosa e di pensiero come fondamento della democrazia.

Se non sapremo reagire, ci sveglieremo in una società dove l’uomo sarà programmato, profilato, e premiato solo se conforme. E allora, la tecnocrazia del Biopotere si sarà compiuta davvero.

 

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